venerdì 6 aprile 2018

Teoria delle élite

Quando rifletto sulla realtà che ci circonda e penso a tutto quello che ho letto in tema di politica, storia, sociologia ed economia, finisco per pensare che la teoria che, con tutti i limiti del caso, meglio si adatta a comprendere la realtà e la sua dinamica sia la teoria delle élite di Pareto. Pareto elaborò questa teoria nel suo Trattato di sociologia[1], scritto dopo essersi dedicato, per lungo tempo, ai temi economici. Evidentemente Pareto, di formazione scientifica, ingegnere come me, studiando la economia sia era reso conto che per quanto volesse schematizzare la realtà secondo criteri di logica (il famoso homo oeconomicus razionale), c’era qualcosa di più profondo da indagare per capire la dinamica storica e sociale. 
Il suo libro è vastissimo e anche molto pesante da leggere, io ho letto solo alcune parti e alcuni saggi, se vogliamo sintetizzare la sua teoria ci dice che nel corso della storia tendono a prevalere in certi momenti alcune élite che sono dotate delle caratteristiche adatte (lui le chiama “derivazioni”) per poi essere sostituita da altre élite, la storia infatti non sarebbe altro che un cimitero di élite. Ovviamente non è una teoria del tutto originale e comunque riduttiva, la realtà e sempre più complessa e rifugge dalle eccessive semplificazioni, ma sostanzialmente contiene molta verità. 

Provo a ricostruire la storia umana (senza la pretesa di essere esaustivo), in forma molto sintetica, semplificata e molto a grandi linee, secondo questa teoria, con le mie variazioni, le élite che emergono sono quelle che hanno alcune caratteristiche che dipendono dal contesto storico, economico e sociale del periodo, evidenziando anche la connessione tra potere e idee. 

Inizialmente la caratteristica principale era la forza, il capo tribù era il più forte e rispettato per questo. Quindi possiamo dire che nella prima fase conta il fattore fisico o se vogliamo militare. Con la evoluzione della società in forme più complesse il potere politico è ancora potere militare, anche se il potere politico incarna, ad esempio Civiltà Egiziana, anche quello religioso. Questo aspetto è meno evidente nella Civiltà Romana inizialmente, anche se in età imperiale la figura dell’Imperatore assume un connotato religioso (deificazione). Con l’affermarsi della religione cristiana, l’Impero Romano arriva ad incorporarla come sua religione ma con la costituzione del potere papale abbiamo due élite che si contendono il potere, quella militare e quella religiosa, con i contrasti e lotte a cui assistiamo lungo molti secoli. Il potere politico tende a voler incorporare il potere religioso (vedi ad esempio scissione Chiesa Anglicana) nello Stato, mentre il potere religioso vuole anche il potere politico o temporale come si usa dire. Nel corso del medioevo si assiste ad una modificazione socio-economica, compaiono le banche, i commerci assumono sempre più importanza, cresce quindi la importanza del denaro e del potere economico. Cresce la classe, come direbbe Marx, “borghese”, ma la evoluzione economica e anche tecnologica (la invenzione della stampa) portano alla diffusione di nuove idee che (vedi articolo di Rodrik) si intrecciano con gli interessi. Le nuove élite economiche chiedono maggiori poteri al potere politico (re e aristocrazia) e si indebolisce la forza del potere religioso, grazie anche appunto alle nuove idee (Illuminismo). L’insieme di queste dinamiche sfocia nella richiesta di maggiori poteri della “borghesia” che porteranno in Francia alla Rivoluzione Francese. Il 1800 è un secolo di ulteriore cambiamento: evoluzione socio economica (Rivoluzione Industriale) con le  lotte tra antico regime e nuove forze sociali per il potere, in questa fase conquista sempre più potere la borghesia che è ormai fondamentalmente industriale e finanziaria. I cambiamenti economico e sociali come sempre sono accompagnati dal nascere delle idee che si combattono,  la economia classica in gran parte tende a favorire le élite economico/industriali, ma si sviluppano le idee socialiste e marxiste che rappresentano la classe dei lavoratori, che cresce e acquisisce la consapevolezza della propria forza. 

Il 900 è ancora teatro di scontri di potere e di idee, la classe lavoratrice vuole più potere e quindi anche più rappresentanza e democrazia, il potere economico cerca di mantenere e condizionare il potere politico effettivo in virtù delle sue leve economiche anche attraverso la stampa. In alcuni Stati i lavoratori riescono ad ottenere miglioramenti politici ed economici (welfare state), in altri prevalgono le istanze rivoluzionarie (Rivoluzione Russa), dove a dispetto di quello che ci dice Marx, è un élite rivoluzionaria, in base alla ideologia socialista, che prende il potere in un paese che era molto arretrato, anche culturalmente, e fondamentalmente agricolo. 
In altri paesi (Italia, Germania e Spagna) la reazione del potere economico, grazie anche alla accettazione di una parte della popolazione, porta alle dittature nazionaliste, che una volta al potere prendono il sopravvento e portano alla Guerra. 

Il secondo dopoguerra è un periodo molto particolare e per i paesi occidentali favorevole. Dopo la guerra, ci sono le condizioni economiche (ricostruzione) e anche istituzionali internazionali (Bretton Wood) per una sostenuta crescita economica. Il potere economico/capitalistico ha tutto il vantaggio di concedere alcuni miglioramenti alle classi lavoratrici, dalla altra parte del muro c’è l’ideologia comunista e la Unione Sovietica. Nel anni '70 si modifica il quadro, la crescita diminuisce, viene meno il sistema di Bretton Wood di cosiddetta repressione finanziaria, si sviluppano idee liberiste (Monetarismo) a supporto di maggiore libertà finanziaria ed economica. 
Il crollo della Unione Sovietica segna la vittoria del liberismo e il riappropriarsi di maggior potere delle élite economico finanziarie. Aumenta la globalizzazione, molte economie escono dalla povertà e dal sottosviluppo, ma nei paesi occidentali aumenta la diseguaglianza e la concentrazione di ricchezza. Il peso e forza della finanza internazionale aumenta, vengono eliminati alcuni limiti e la finanza dilaga senza controlli; ma arriva il “redde rationem”: la crisi finanziaria, dove ancora una volta le élite economiche alla fine, grazie al loro potere effettivo economico e ideologico, fanno pagare il grosso dei debiti alle classi lavoratrici. Quindi siamo arrivati ai nostri giorni, chi è l’élite al comando? Ancora quella economico/finanziaria e quella industriale che ha mutato ancora aspetto, dove a contare sono i grandi player informatici/tecnologici (Google, Apple, Facebook, Amazon. ecc.). Le classi lavoratrici sono schiacciate, il potere degli Stati nazionali, che cercava di mediare tra il potere economico e le istanze della maggioranza (elettori), è diminuito, minori introiti (maggiore elusione fiscale) e minor possibilità delle aziende internazionali di essere condizionate. 

Arriva la reazione dei cittadini, la prima (Occupy Wall Street) dura poco, nel corso del tempo però aumenta lo scontento nei paesi occidentali, con la conquista di sempre maggior forza elettorale di movimenti cosiddetti populisti a destra e a sinistra; i partiti tradizionali perdono peso, le situazioni politiche si fanno ovunque più incerte e confuse, in alcuni casi (vedi Grecia) la salita al potere di Syriza viene depotenziata dal potere economico finanziario. 
La situazione è quindi molto confusa, il potere è ancora saldamente in mano alle élite economico-finanziarie, ma le condizioni di molti in occidente sono in peggioramento e anche nei paesi in via di sviluppo incominciano a nascere esigenze di miglioramento delle condizioni del lavoro e di richiesta di maggior democrazia, anche se ancora poco efficaci e confuse. 
Per superare questa impasse serve, soprattutto,  una consapevolezza da parte delle maggioranza dei cittadini dei loro veri interessi senza farsi sviare da condizionamenti (così come riportato nel articolo citato di Rodrik), servono quindi idee e modalità nuove aggreganti, capaci di indicare una strada alternativa. Servirebbe, quindi, anche un élite, capace e preparata, in grado di interpretare queste istanze e idee conducendoci su una nuova via che sappia contemperare progresso con equità e anche salvaguardia dell'ambiente.
Sono molto pessimista al momento, non ci sono le condizioni, più che politici illuminati prosperano i populismi, il problema nuovo che si pone è che le élite hanno sempre creato disastri con guerre e stragi di gran parte della popolazione, oggi però rischiamo anche la distruzione completa del nostro habitat e del genere umano. 




[1] V.Pareto,Trattato di sociologia generale, Einaudi, Torino.

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