mercoledì 19 novembre 2014

A proposito di crescita

Oggi parliamo di crescita, in realtà sarebbe meglio parlare di sviluppo, che è un termine più generale, mentre per crescita si intende principalmente l’aspetto quantitativo, ma è sicuramente più semplice da trattare  e quindi parleremo di crescita del PIL. L’analisi che segue non è una vera analisi economica seria, è una specie di provocazione, un ragionamento per assurdo e al limite, molto rozzo e semplificato, che vuol essere solo di stimolo per intuire alcune tendenze data  la complessità e interdipendenza tra vari aspetti in un sistema economico. Si tratta di ragionamenti al limite ovviamente molto teorici e non realistici ma, visto che i ragionamenti al limite si usano in matematica, spero  che possa servire per capire appunto  certi rischi  di fondo. 
Partiamo dalle definizioni, il prodotto lordo è fatto di tre cose fondamentali: consumi privati, investimenti privati e spesa pubblica. Trascuriamo al momento il saldo netto tra esportazioni ed importazioni, per semplicità di ragionamento ma alla fine ci tornerò, volendo potremmo ritenere le seguenti considerazioni valide per l’intera economia, dove appunto, il saldo export-import è zero visto che non commerciamo con qualche paese extraterrestre. 
Da un punto di vista dei percettori di reddito lo stesso prodotto si divide tra salari, profitti e tasse, avendo infatti considerato salari e profitti al netto delle tasse.  
Per semplicità riportiamo tutto in sintesi: Y=C+I+G e Y=W+P ma anche Yd (reddito disponibile) =W+P-T; 
dove Y è il prodotto lordo, C sono i consumi, I gli investimenti e G, la spesa pubblica, nella prima relazione mentre nella seconda abbiamo P sono i profitti, W (W sta per wages) i salari e T le tasse. Adesso immaginiamo di essere in un periodo normale dove il prodotto cresce, al momento non ci chiediamo perché, quindi diciamo che da un periodo al successivo abbiamo una crescita del prodotto, che indichiamo come ∆Y (incremento di prodotto). Adesso facciamo la prima ipotesi, ovviamente esagerata e al limite, supponiamo che i percettori di profitti, per semplicità li chiamiamo "capitalisti", siano molto forti e, quindi, siano in grado di appropriarsi dell’incremento di prodotto e quindi ∆Y→∆P,  ipotizziamo pure che scelgano, ipotesi comunque non proprio campata in aria, di dedicare  questo extra profitto in investimenti piuttosto che in consumi, cioè   ∆P→∆I.
Un incremento di investimenti, ad es, acquisto/sostituzioni di macchinari,  in genere aumenta il prodotto e la produttività, quindi ci aspettiamo un ulteriore incremento di prodotto. Supponiamo che questo ulteriore incremento di prodotto produca lo stesso ciclo di prima, incremento di profitti e quindi incremento investimenti. A lungo andare questo sistema non funziona perché non avremmo un incremento di consumi che assorba l’incremento di prodotto e senza contare che avremmo anche problemi di uno Stato che non può permettersi, ad esempio, di aumentare le infrastrutture/servizi pubblici. Dunque questa serie di ipotesi, ovviamente assolutamente irrealistiche, ci dice che un modello capitalista o "offertista" puro non funzionerebbe. Anche se a livello di singolo capitalista potrebbe convenire non converrebbe a livello di società intera. 
Viceversa immaginiamo un modello statalista puro, dove lo Stato si appropriasse  di tutto l’incremento di prodotto, quindi  ∆Y →∆T, e questo vada ad alimentare la spesa pubblica ∆T →∆G. Anche in questo caso, se proseguiamo con altri cicli simili, il risultato è che avremmo, sicuramente, magari più infrastrutture pubbliche ma senza investimenti privati, a lungo andare, non avremo molti incrementi di prodotto (i modelli di completa statalizzazione della produzione non mi pare che alla lunga abbiano funzionato) e quindi anche in questo caso un modello statalista puro, per quanto vogliate essere dei politici/burocrati bravi, alla fine non funziona. 
Infine, in teoria, ci sarebbe il caso, ancora meno realistico, in cui i lavoratori e sindacati siano talmente forti che tutto l’extra prodotto   finisca ai lavoratori, in questo caso si avrebbe sostanzialmente un incremento dei salari che si traduce in incremento di consumi,  ∆Y →∆W e ∆W →∆C, anche qui alla lunga non avremo né incremento di prodotto né incremento di infrastrutture/servizi pubblici. Insomma, anche se l’analisi è molto rozza, irrealistica e semplicistica, la realtà infatti e molto più complicata, non abbiamo citato, ad esempio, né il ruolo della moneta né del sistema finanziario, spero  che, almeno in parte,  vi abbia convinto che, siate voi capitalisti,  lavoratori o burocrati, forse come cittadini dovreste avere  convenienza che  il prodotto cresca, e che cresca in maniera più o meno equilibrata nelle tre componenti. Ovviamente è difficile stabilire quale sia il mix perfetto in termini quantitativi, quello che posso cercare di dire è come, a livello qualitativo,  la teoria economica dice che dovrebbero comportarsi le tre componenti. I "capitalisti" dovrebbero investire soprattutto nella economia reale per migliorare i loro prodotti e processi produttivi, soprattutto attraverso il sapiente uso della tecnologia. Della funzione degli imprenditori e delle innovazioni ne ha parlato molto Schumpeter, con la sua famosa "distruzione creatrice", ma anche Keynes quando parlava dei cosiddetti «animal spirits» del capitalismo. Inoltre tutti i modelli di crescita (Harrod-Domar, Solow, Roemer) evidenziano   l'importanza nella crescita degli investimenti e dello sviluppo tecnologico. Il ruolo dello Stato è ancora più complesso, perché, oltre a garantire certi servizi (ad es. sicurezza, difesa e aggiungo anche sanità e istruzione), dovrebbe garantire gli investimenti in tutte quelle infrastrutture dove abbiamo i cosiddetti limiti dei "fallimenti del mercato", sopratutto nei momenti di crisi e calo degli investimenti privati: " la responsabilità del livello corrente degli investimenti non può, senza pericolo, essere lasciata  in mano dei privati" (Keynes), e ancora spendere in ricerca in modo da generare "esternalità positive" al  sistema paese (vedi Lo Stato innovatore della Mazzuccato), e anche aiutare le fasce più deboli con una redistribuzione del reddito per stimolare anche i consumi (vedi Il prezzo della diseguaglianza di Stiglitz). Inoltre lo Stato dovrebbe anche aver una funzione di regolamentazione del mercato per garantirne il corretto funzionamento, come anche quello del sistema monetario e finanziario. Come cittadini, anche se potrebbe a livello di singolo essere comodo  evadere,  dovreste cercare di pagare le tasse (assumendo che le tasse siano normali) altrimenti se tutti noi non le pagassimo non funzionerebbe lo Stato (T=0); inoltre sarebbe bene che eleggessimo i nostri politici per far fare allo Stato quello che dovrebbe e non magari solo i nostri interessi. Come si  vede la realtà economico e sociale  è molto complessa e farla funzionare bene è impresa difficile che non si può ridurre semplicisticamente alla "mano invisibile" o al  "mercato" o al solo Stato. Inoltre abbiamo parlato di crescita e, ammesso anche che tutto funzioni a perfezione, dovremmo anche porci il problema di  quale tipo di crescita sostenere, tenendo presente che le risorse sono comunque limitate.  Anche l'ambiente e il clima sembrano risentire di un certo tipo di sviluppo, anche se alcuni lo negano, nel dubbio un maggiore impegno a far si che lo sviluppo sia più razionale, meno sprecone di risorse e compatibile con l'equilibrio ecologico del pianeta credo sia un obiettivo da perseguire.  La realtà è estremamente complicata  e avremmo bisogno di cittadini più consapevoli e che siano rappresentati da politici più preparati ad affrontare nel modo migliore la sfida della crescita.

P.S. Per quanto riguarda il saldo import/export è vero che una singola nazione potrebbe sfruttare il saldo positivo per compensare la carenza di domanda. Ma intanto, come detto, questo a livello totale non funziona, secondo se sfrutto la domanda degli altri questo squilibrio può durare, di norma, solo per un certo periodo di tempo, tra l'altro  generando degli squilibri al mio interno su come si redistribuisce il prodotto (ad es. più profitti e meno salari) 

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